La cascata del Salabrone

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La Tuscia è una terra meravigliosa ed antica, piena di storia e tradizioni che insieme alla bellezza delle sue risorse naturali la rendono una delle mete più interessanti da scoprire: il terreno è di origine vulcanica e speroni di tufo e peperino sovrastano ampie vallate ricche di corsi d’acqua. Uno di questi corsi d’acqua, al confine tra il Lazio e la Toscana, è il fiume Olpeta, emissario del lago di Mezzano che nel suo percorso per unirsi al fiume Flora attraversa diversi dislivelli che danno luogo a numerose cascate.

Una di queste cascate è la Cascata del Salabrone, toponimo di origine germanica sulla cui etimologia non mi cimento più di tanto visto che non conosco l’antico germanico ed in rete ho trovato diverse interpretazioni, anche se la linea comune è quella di indicare la prima parola (sal o sala) come “casa, edificio, residenza padronale” e la seconda (brunne o brunnen) come “pozza d’acqua, fontana”._MG_7630_wm_400kb_1024

Pare inoltre che la forza della cascata sia stata negli anni ’50 usata per fornire energia idraulica ad alcuni opifici. La cascata del Salabrone non è l’unica cascata presente, ma è sicuramente la più grande e suggestiva perché alle sue pendici genera un piccolo laghetto. Conoscendo poco la zona e non sapendo esattamente dove si trovi la cascata, il nostro primo tentativo è stato quello di andare al centro visite della Selva del Lamone a Farneseper avere indicazioni e magari qualche pubblicazione sulla flora locale. Purtroppo però troviamo per la seconda volta (la prima era stata qualche mese prima quando siamo andati in cerca dei sentieri della Selva) il centro chiuso e senza indicazioni su orari o periodi di chiusura. Senza però perderci d’animo prendiamo gli smartphone e cerchiamo indicazioni su internet (in realtà le cerco io, l’altro fotografo lo prende per gestire le sue truppe a Boom Beach) trovando quasi subito indicazioni, ovviamente contrastanti: c’è infatti chi dice di passare attraverso un podere privato e procedere “ad orecchio” e c’è chi dice che esiste un sentiero ufficiale non segnalato e chi invece dice che è segnalato benissimo. Fatto sta che procediamo lungo la SP47 fino ad arrivare ad un bivio dove vediamo un cartello della Riserva. Ci fermiamo ed ecco la tutte le indicazioni che ci servono: c’è una mappa della Riserva e nell’angolo in basso a sinistra viene indicato un “Sentiero 8” che dalla strada porta direttamente alla Cascata. Riprendiamo quindi la macchina e neanche un chilometro più avanti troviamo un piccolo slargo sterrato con un altro cartello della Riserva che indica “Sentiero 8 – Cascata del Salabrone”: alla fine aveva ragione l’ultimo sito che avevamo trovato, il percorso esiste, è un percorso ufficiale ed è anche molto ben segnalato. Ci incamminiamo quindi per il sentiero armati di cibo ed acqua per scoprire che in realtà il percorso è brevissimo, dopo un paio di centinaia di metri siamo già arrivati alla prima cascatella che si trova poco a valle rispetto alla cascata nominale. Anche questa cascatella è molto bella anche se piccola, purtroppo però è piena di rami in bilico e tronchi spezzati che rendono praticamente impossibile trovare un’inquadratura pulita._MG_7548_wm_400kb_1024

Risaliamo quindi il fiume per una cinquantina di metri per arrivare finalmente alla nostra meta, che si apre in mezzo al bosco come un’oasi nel deserto. Il laghetto è circondato da ranuncoli e rami spezzati che rendono disagevole la ricerca di un’inquadratura. Subito mi rendo conto che la mia attrezzatura non è adeguata alla situazione, non ho filtri ND e tutto quello che posso fare lo devo fare con diaframmi chiusissimi ed iso bassissimi, il che però ha l’effetto negativo di non permettermi lo sfocato: bisogna decidere tra tutto a fuoco con la cascata setosa e qualche sfocato in primo piano ma con l’acqua della cascata congelata. Le provo tutte ma alla fine la meno peggio è quella con cascata setosa e ranuncoli in primo piano quasi a fuoco. Non è bella ma è meno brutta di quella con la cascata congelata. Qui restiamo un’altra oretta, poi torniamo alle cascatelle a valle per cercare altri spunti e rimpiango di non conoscere ancora le specie floreali, perché nel sentiero, oltre agli onnipresenti ranuncoli, si vedono bellissimi fiori rosa, altri azzurri, altri ancora viola: rimpiango di non aver fatto foto anche solo per poterli identificare poi una volta tornato a casa. Al nostro arrivo scorgo repentini movimenti nell’acqua, di esseri viventi che si dileguano._MG_7592_wm_400kb_1024

Mi avvicino per indagare e vedo quelle che mi sembrano essere uova di rana (dalmatina?), probabilmente tutti i movimenti repentini che ho colto avvicinandomi sono rane fuggite, ed in effetti fino a poco prima si sentiva un leggero gracidare, del tutto scomparso non appena siamo arrivati noi. Resto un po’ in attesa, speranzoso che restando fermo le rane si riavvicinino di nuovo, ma non è così ed alla fine perdo solo tempo. Visto il momento di stanca ne approfitto per provare il cavalletto e la testa che il mio amico ha da poco acquistato: è un altro mondo, il cavalletto Gitzo è di una stabilità mai vista prima e la testa Markins di una precisione da lacrima, non riuscirò mai più ad usare il mio “banale” Sirui con testa anch’essa Sirui. Poi mi faccio prestare anche l’holder Lee con relativi filtri Polarizzatore ed ND0.6 e pure qua, anche considerando che io di filtri non ne ho, la storia è un’altra: con l’ND riesco a tenere il diaframma ad apertura massima e nonstante quello rendere l’acqua setosa. Se il tutto non fosse così maledettamente costoso avrei già elargito il mio obolo ai vari rivenditori online, invece mi toccherà aspettare e mettere da parte i soldi, tanti soldi. Alla fine non sono troppo soddisfatto della giornata fotografica, non sono riuscito neanche oggi a trovare La_Foto™, ma il percorso di apprendimento è lungo e se si riesce a non farsi sopraffare dalla pigrizia le occasioni per sperimentare e migliorare ci sono, a partire dal prossimo week-end in cui mi sono iscritto ad un altro workshop con Il_Maestro™.

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